Molti si sono occupati nel corso degli anni dell'origine etimologica di Montepellegrino. Alcuni siti tracciano brevemente i percorsi effettuati dai principali studiosi. Si va da Giordano Cascino con la sua “De Sancta Rosalia Vergine palermitana” (1651) a Vito Amico nella sua opera “Lexicon topografico Siculum” (1757). Del nome del monte se ne è occupato anche il Marchese di Villabianca nelle “Memorie storiche” (1750) e l’Abate Scinà nella “Topolografica di Palermo” (1818). La maggior parte degli studiosi concorda nell'identificare il monte Erkte descritto da Polibio durante la narrazione delle guerre puniche con il Montepellegrino. "Amilcare Barca con l'armata cartaginese si portò nel territorio palermitano ed occupò il luogo detto Epierkta, il quale giace fra Erice e Palermo (...) a guardia della città di Palermo". Epiercta, in lingua greca, significa “sul castello, luogo chiuso o munito, dal quale si possono tenere lontani i nemici” (Cluverio). I greci lo chiamarono Heirkte per via delle pareti rocciose particolarmente ripide. Ai romani, giunti successivamente a Palermo, questo monte fu avverso e inaccessibile: il nome fu così convertito da Heirkte a "Peregrinus", ovvero ostile (“peregrinus”, nel latino classico, significava non solo lo straniero, ma anche il nemico).
La permanenza dei cartaginesi sul monte si protrasse, infatti, per ben tre anni, senza che i romani riuscissero ad avere ragione del nemico. Idrisi, che descrisse l’Italia nel “Libro del re Ruggero” nell’anno 1154, evidenzia: “Ustica ha delle acque dolci ed un ancoraggio da poter servire a galee; le sorge di faccia a 40 miglia di distanza Bulqrin nel territorio della città di Palermo”. La parola “Bulqrin” altro non è che l’alterazione di Peregrinus nella quale, come era consuetudine araba, alla “P”veniva sostituita la “B”ed alla “G” la “Q”.
La permanenza dei cartaginesi sul monte si protrasse, infatti, per ben tre anni, senza che i romani riuscissero ad avere ragione del nemico. Idrisi, che descrisse l’Italia nel “Libro del re Ruggero” nell’anno 1154, evidenzia: “Ustica ha delle acque dolci ed un ancoraggio da poter servire a galee; le sorge di faccia a 40 miglia di distanza Bulqrin nel territorio della città di Palermo”. La parola “Bulqrin” altro non è che l’alterazione di Peregrinus nella quale, come era consuetudine araba, alla “P”veniva sostituita la “B”ed alla “G” la “Q”.
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