
lunedì 6 febbraio 2017

Al tempo dei re Borboni il Monte fu centro di caccia dei nobili, specialmente durante l’esilio a Palermo di Ferdinando IV di Borbone tra il 1798-1802. Il re abitava nella Palazzina Cinese e ciò rendeva più facile organizzare le battute di caccia alla volpe e al cinghiale. Sul monte infatti la fauna era abbondante: lepri, conigli, volpi, cinghiali, uccelli di vario genere compresi anche i rapaci. I boschi di pino marittimo e domestico, i lentischi, i cespugli di euforbie, i lecci, gli alberi di alloro, i ficodindia, alberi di mandorli e d’ulivi coprivano i fianchi del monte. Oggi le piante predominanti sono gli eucalipti che sono stati importati dall’Australia proprio per la loro capacità di assorbire l’acqua dal terreno. Nelle zone rocciose si trovano ancora i ficodindia, i lentischi, le euforbie, l’erica lo gnidio (olivella), lo sparzio villoso, simile alla ginestra ma spinosa. Si trovano anche cespugli di cisto femmina con fiori simili a roselline bianche aperte, il timo aromatico, il ranuncolo dai fiori lucenti gialli con otto petali; il camedrio dai fiori azzurro-lilla e dalle foglie bianco-feltrose, l’ailanto, albero dalle foglie verde scuro e dalle bacche rossastre che si trova lungo le strade.
"[...] il mito fa risalire a Saturno la fondazione del "castello di Cronio" alle pendici del Monte; dunque, secondo la leggenda, questa montagna avrebbe addirittura origini divine. È certo, peraltro, che nel periodo precristiano proprio il Monte Pellegrino era considerato un luogo dal forte significato spirituale, rappresentando per tutti una vera e propria montagna sacra. L'idea della sacralità del Pellegrino sarebbe stata particolarmente radicata tra gli abitanti delle comunità che risiedevano nella cosiddetta "Conca d'oro" (la pianura di Palermo), tanto che in epoca punica, all'interno di una grotta situata quasi sulla vetta del Monte venne costruito un altare, dedicato a divinità femminili della fertilità. E non pare un caso che proprio la grotta nella quale venne realizzata questa edicola punica, molti secoli dopo sia diventata il principale luogo di culto del popolo palermitano: quello dedicato alla "Santuzza", Rosalia Sinibaldi, la nobile palermitana vissuta nel XII secolo e dichiarata Santa nel 1629: trasposizione in chiave cristiana della dea dei tempi precedenti.
Percorrendo a piedi la Valle del Porco (l'accesso si trova sul versante ovest del Monte), che collega la Real Tenuta della Favorita con il Santuario, si incontra il Gorgo di Santa Rosalia. Si tratta di un piccolo specchio d’acqua temporaneo. La grotta di Santa Rosalia è stata fin dall’antichità nota per la presenza d’acqua. Questa si raccoglie dentro una grande falda acquifera che viene condotta sino al cosiddetto Gorgo. Questo specchio d'acqua artificiale è oggi circondato da un boschetto di eucalipti, impiantati al posto dei pini e di altre piante originarie, andate distrutte dagli incendi e dal disboscamento. Il gorgo di Santa Rosalia è noto agli ecologi e ai limnologi di tutto il mondo per una scoperta che risale agli anni Cinquanta. Un famoso scienziato americano, G. E. Hutchinson, mentre era a Palermo, si recò in visita al Santuario di Santa Rosalia e rimase stupefatto del ritrovamento di due specie di insetti acquatici in apparente violazione del principio di esclusione competitiva. La scoperta lo condusse a rivedere le sue idee sulla diversità e a riflettere sul perché in questo stagno, ed in generale in un ecosistema, fossero presenti due specie, piuttosto che una oppure venti.
Molti si sono occupati nel corso degli anni dell'origine etimologica di Montepellegrino. Alcuni siti tracciano brevemente i percorsi effettuati dai principali studiosi. Si va da Giordano Cascino con la sua “De Sancta Rosalia Vergine palermitana” (1651) a Vito Amico nella sua opera “Lexicon topografico Siculum” (1757). Del nome del monte se ne è occupato anche il Marchese di Villabianca nelle “Memorie storiche” (1750) e l’Abate Scinà nella “Topolografica di Palermo” (1818). La maggior parte degli studiosi concorda nell'identificare il monte Erkte descritto da Polibio durante la narrazione delle guerre puniche con il Montepellegrino. "Amilcare Barca con l'armata cartaginese si portò nel territorio palermitano ed occupò il luogo detto Epierkta, il quale giace fra Erice e Palermo (...) a guardia della città di Palermo". Epiercta, in lingua greca, significa “sul castello, luogo chiuso o munito, dal quale si possono tenere lontani i nemici” (Cluverio). I greci lo chiamarono Heirkte per via delle pareti rocciose particolarmente ripide. Ai romani, giunti successivamente a Palermo, questo monte fu avverso e inaccessibile: il nome fu così convertito da Heirkte a "Peregrinus", ovvero ostile (“peregrinus”, nel latino classico, significava non solo lo straniero, ma anche il nemico).
Il monte, alto 609 metri sul livello del mare, è geologicamente omogeneo. E', infatti, costituito principalmente da rocce carbonatiche. Si tratta di rocce sedimentarie, con prevalenza di calcari, formate da carbonati di calcio e di magnesio. Il fenomeno principale cui è soggetto il monte è il carsismo. In pratica le acque piovane non scorrono in superficie ma filtrano in numerosi anfratti per poi riapparire come sorgenti. Il contatto tra l’acqua e alcuni tipi di rocce di origine organica (soprattutto calcari formate da gusci di organismi marini morti milioni di anni fa) fa sì che il liquido si comporti con le stesse rocce come se fosse un acido. Il carsismo è quindi una delle cause delle numerose grotte che sono presenti a Monte Pellegrino. Delle 134 sinora censite alcune sarebbero anche di origine marina. Il monte è stato definito da più parti un vero e proprio museo paleontologico all'aperto: ci sono importanti siti fossiliferi a partire dal periodo Cretaceo.
Goethe lo ha definito "il più bel promontorio del mondo". A Monte Pellegrino sono legate storie di amore e di morte, racconti che si muovono agilmente tra il sacro e il profano come i tornanti che velocemente conducono sino in cima. Nel corso dei secoli non tutto è stato però tramandato fedelmente. Alcuni passaggi della storia del monte hanno subito tagli e censure, altri hanno accolto fantasiose aggiunzioni. Un po' per necessità, un po', forse, per preservare quell'aura di mistero che sino ad oggi avvolge questo sacro monte. Pochi palermitani conoscono bene il promontorio e ancora meno sono in grado di esporre verbalmente le origini e le tribolate vicissitudini. In questo spazio web cercherò di scavare e riportare alla luce, grazie alla collaborazione di amici e persone a me care, storie, miti e itinerari legati al monte. Ho scelto la formula del blog per arricchire attraverso lo strumento dei commenti il nostro lavoro. Nella speranza che l'ascesa al monte ci sollevi dall'agonia di una città dimentica di sè, vi auguro buona lettura.
Giovanni Villino
The Reasons of a new Beginning
Goethe called it "the most beautiful promontory in the world." To Monte Pellegrino are related stories of love and death, stories that move easily between the sacred and the profane as the switchbacks that lead quickly to the top. Over the centuries, however, not everything has been faithfully handed down. Some passages in the history of the mountain have been cut and complaints, others have accepted fanciful additions. A little out of necessity, a bit, perhaps, to preserve that aura of mystery that surrounds so far this holy mountain. Few citizens of Palermo are familiar with the cape and even fewer are able to express verbally the origins and the troubled vicissitudes. This web site will try to dig up and bring to light, thanks to the collaboration of friends and people close to me, stories, myths and itineraries related to the mountain. I opted for a blog to enrich through the instrument of the comments on our work. In the hope that the ascent of the mountain lift us from the agony of a city forgetting itself, I wish you good reading.
Giovanni Villino